Questa targa è affissa nel colonnato del Teatro Nuovo a Verona.
Quando, nel marzo del 1972, si dovette pensare a quale nome dare alla neonata nostra compagnia, le nostre menti erano fiacche e sterili: si facevano delle proposte, in cui non credeva nemmeno chi le aveva formulate. Come spesso accadeva, fu Luciana che ebbe la soluzione vincente: “La nostra compagnia si chiamerà Renato Simoni, in onore di uno dei più grandi uomini di teatro che Verona abbia regalato alla cultura nazionale”. E “Renato Simoni” fu. E mal ce ne incolse! Quel nome infatti risultò ben presto misconosciuto e non solo fra la gente comune, ma addirittura fra gli addetti ai lavori! E sì che nel 1972 cadeva appena il 20° anniversario della scomparsa di Simoni e non dovevano essere parimenti scomparsi dal panorama culturale veronese molti di coloro che lo avevano conosciuto.
Luciana raccontava che talora qualche organizzatore, che si apprestava a varare una rassegna teatrale, le telefonava; sconcertato nel sentir rispondere una voce femminile, chiedeva di poter parlare col Signor Simoni. “Guardi che Renato Simoni è morto diversi anni fa!” – “Mi scusi, signora, allora posso parlare con lei. È la vedova?”
Fantastica bizzarria del destino: “La vedova” è una delle più celebri e rappresentate commedie di Simoni. Ma certamente è chiedere troppo ad un organizzatore teatrale, se si pretende che conosca approfonditamente autori ed opere. Di solito, infatti, molti di loro si occupano esclusivamente di borderò: se è ricco, allora l’autore è di vaglia, se è magro, l’autore è da scartare. Chi sia poi l’autore non è un loro problema.
L’assurdità più bella accadde, tanto tempo fa, con un Assessore alla Cultura del Comune di Verona, che confessò candidamente di sapere che in città c’è una piazza intitolata a Renato Simoni, ma di non avere la più pallida idea di chi fosse il “titolare”. Nessuno stupore nemmeno in questo caso, perché di solito i politici si preoccupano di voti: chi gliene porta molti è importante, gli altri no. Ora piazza Simoni, immersa da sempre nel traffico più caotico che si possa immaginare, di voti gliene faceva perdere. Dunque era giusto condannare Simoni all’oblio. Se non fosse che lo stesso Assessore contribuì per i cinque anni del suo mandato ad assegnare il Premio Renato Simoni ad un Grande del teatro italiano. In questo caso, forse il buon amministratore applicava a se stesso il principio evangelico sulla carità: non sappia la destra quello che fa la sinistra. Ed in politica destra e sinistra hanno sempre avuto un rapporto conflittuale. Per carità! Meglio non sapere quello che si fa!
Passando gli anni, le cose non sono affatto migliorate, anzi! Ma c’era da aspettarselo. Difficilissimo trovare chi conosca Simoni. Allora mi è venuta l’idea di pubblicare questa pagina su di Lui e mi chiedo perché non ci abbia pensato prima.
Non traccerò una biografia ordinata (per quella ci pensa wikipedia), ma scriverò esattamente quello che dico al pubblico quando presento la compagnia: due sole cose, ma illuminanti. Eccole qua:
1 – Renato Simoni scrisse il libretto di TURANDOT di Giacomo Puccini, perciò se da novelli Pavarotti intonate a voce spiegata: “All’alba vincerò! Vincerò! Vince… (qua la voce si spacca nell’acuto)”, cantate parole di Renato Simoni.
2 – Renato Simoni nel 1947 diede il via alle rappresentazioni estive al Teatro Romano ed al relativo festival shakespeariano, con una “Romeo e Giulietta”, che vantò i più grandi nomi del teatro di prosa di allora e che non era ancora deturpata dall’ “In love”, con relativi banchetti enogastronomici al seguito.
Siccome però oggi mi sento in vena di generosità, aggiungerò che il Nostro fu
- commediografo (La vedova – Carlo Gozzi – Tramonto – Il matrimonio di Casanova – Congedo);
- librettista (per opere di Giordano, Sonzogno, Ricordi, Rocca);
- autore di rivista (Turlupineide – Il mistero di San Palamidone);
- regista teatrale e cinematografico;
- giornalista e critico teatrale (per l’Adige, l’Arena, il Corriere della sera ed altre testate): in questo campo lasciò un’opera poderosa “Trent’anni di cronaca drammatica” (dal 1911 al 1945).
- Può bastare?
Renato Simoni nacque a Verona nel 1875 e morì a Milano nel 1952… a proposito: si sta avvicinando il 70° anniversario della morte. Speriamo che il Comune gli renda giusto merito!
Ed ora due ricordi.
Ugo Zannoni, accompagna Simoni alla stazione di Porta Nuova a Verona. Milano allora (1899) sembra così lontana e la partenza del nostro sa di non ritorno e comunque lascia un vuoto incolmabile in città.
Il Comune di Verona ha pubblicato nel 1979 un libro di Bruno De Cesco, sui primi 25 anni del Festival Shakespeariano. Il testo riporta articoli anche di altri autori e naturalmente non può tralasciare un doveroso
OMAGGIO A SIMONI
Articolo di Giovanni Cenzato su l’Arena del 17 luglio 1848
Fu dunque un onore prezioso per Verona il ritorno del suo Figlio “lontano”, che da solo assicurò prestigio ad una manifestazione che era ancora in culla.
Come vuole la tradizione, le prove dello spettacolo furono avversate dal maltempo, tanto che qualcuno parlava di rimandare la prima. Simoni si oppose…
…e quasi ci rimise la vita. La mattina successiva fece un infarto ed il suo medico dichiarò che la vita era stata appesa per tre capelli.
Si rimise e riprese la sua attività. Si spense cinque anni dopo, mentre al Giardino Giusti di Verona andava in scena il “Sogno di una notte di mezza estate”, per la regia di Alessandro Brissoni. Doveva essere presente Simoni alla prima… arrivò un suo telegramma:
“Sono tormentato dal respiro affannoso. Ogni movimento mi spossa. Scusatemi tutti. La mia anima mai si è protesa verso Verona come in questi anni di memorie e di addio. Mando affettuosi saluti a tutti, a Brissoni, agli attori, alla santità vetusta del Giardino Giusti. Un abbraccio. Renato Simoni”.
Poco dopo l’attesa e temuta notizia.